Quando a Gennaio scorso le condizioni di salute di Papà sono peggiorate ho avvertito la sensazione, come mai prima, che con mia madre e con i miei fratelli avevamo iniziato un percorso di accompagnamento a questo appuntamento. Allora gli dissi: facciamoci una foto.
Volli così immortalare quel momento, forzando anche un po’ la sua volontà, per cogliere e consegnare alla memoria quel cambio di passo che ha segnato l’inizio del cammino che oggi si conclude.
Con la foto e con uno scritto sviluppai alcune considerazioni sulla mia, anzi sulla nostra esperienza di vita con Papà e col Professore: un’esistenza vissuta nella perenne dimensione della testimonianza di che cosa significa dedicarsi completamente alla famiglia e al lavoro.
Papà aveva due famiglie: la nostra e quella dei suoi allievi. A entrambi ha dedicato tutto sé stesso, senza mai risparmiarsi, sempre con un sorriso fatto di una severità che non si riusciva a non amare.
Lo dimostrano anche i suoi scritti, le sue poesie e i suoi racconti attraverso i quali, con formule originali, trasmetteva idee e valori.
Lo dimostrano le testimonianze di Voi qui presenti e dei tanti che in queste ore ci stanno facendo pervenire affettuosi messaggi in tutti i modi oggi possibili.
Per primi tanti suoi allievi che con orgoglio ricordano di esserlo stati. Tanti che, in tutti questi anni, ci hanno sempre chiesto notizie di Papà e soprattutto di portargli il loro saluto dietro al quale c’era sempre una storia che Papà custodiva e che qualche volta ci raccontava.
La malattia che, subdola e beffarda, una mattina d’agosto l'ha colpito all'improvviso a lavoro alla Scuola Media "G. Amalfi”, quando mancavano ormai solo pochi giorni alla conclusione della lunga carriera di docente di lettere, l'ha privato della sua gioia più grande: la libertà.
Ne ha sacrificato l'autonomia, l'indipendenza, la voglia di passeggiare per guardarsi intorno senza più doversi preoccupare del tempo che passa e dei quotidiani impegni scolastici vissuti al servizio dei ragazzi, i suoi studenti. E della famiglia: mia mamma Anna, mio fratello Salvator e le mie sorelle Teresa, Giuseppina e Silvana.
Tutti, oggi, con una nostra famiglia, tutti perennemente figli di genitori che ci hanno donato sè stessi dal primo giorno di vita per assicurarci tutto quanto avevamo bisogno per diventare uomini e donne animati dai loro stessi valori: che sono innanzitutto quelli cristiani; e dai principi che si fondano sull'onestà a prescindere da qualsiasi situazione!
Anche nei momenti più difficili Papà ha invocato il Signore, la Madonna e i Santi affinché si compisse la "loro volontà".
Quante volte non mi riusciva di condividere il suo spirito di "cristiana rassegnazione", senza accorgermi, o convincermi, che si trattava di fede e quindi di forza!
Se fino oggi abbiamo goduto di nostro Padre io e i miei fratelli, lo dobbiamo all'amore che ci unisce al di là delle umane debolezze e difficoltà, ma soprattutto allo strenuo sacrificio di nostra madre, Anna, il cui nome Papà ha pronunciato incessantemente durante le sue giornate di sofferenza, unico conforto per un'esistenza privata della possibilità di riacquistare la propria autonomia.
A volte, per l’affetto, siamo inconsapevolmente diventati anche noi i suoi padroni: per sostenerlo, per proteggerlo, per curarlo e per conservarcelo. Lui ha pregato senza soste, per gli altri oltre che per sè, richiamando noi pure a trovare nel rosario la consolazione dei momenti di crisi, di disagio, di afflizione...perché solo la preghiera può consolare!
Tutto il resto, per lui e per mia Madre, non ha mai contato e il solo valore che ci hanno insegnato ad osservare è stato quello della strenua lealtà ed onestà da perseguire in ogni azione e con ogni pensiero, eretta a valore universale per poter essere cristiani autentici, dandone testimonianza nelle nostre relazioni quotidiane, dentro e fuori la famiglia.
Dando così un senso e una prospettiva ai loro insegnamenti! I
ll successo dell'esperienza coniugale e genitoriale di nostro Padre e di nostra Madre consiste nell'esser riusciti a preservare l'unità della famiglia senza generare quei mostri che oggi ne minano le fondamenta ovunque nel mondo. Per questo dobbiamo rispetto ai nostri Genitori che ci hanno insegnato a vivere in questo mondo difficile senza mai cedere a quelle lusinghe buone soltanto a far smarrire la strada. La nostra strada non l'abbiamo mai smarrita e potremo considerarci simili ai nostri Genitori se anche i nostri figli, come noi, sapranno seguire e far proprio questo esempio!
Restare figli significa poter continuare a rivolgerci a Papà e a Mamma conservando quel pizzico di gioventù che scompare quando si finisce di essere figli! Sono certo che Papà è ansioso, smanioso di poter correre libero dalle catene che l'hanno inchiodato alla sua seggiola e poterci guardare, soccorrere e benedire per tutti i giorni che ci restano da vivere!
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