Perchè il Ministro Claudio Scajola ha convocato i vertici della RAI per esaminare il caso "Anno Zero" all'indomani della prima puntata della nuova edizione del programma di Michele Santoro, che ha ottenuto altissimi indici di ascolto, affrontando il tema di stringente attualità come la censura all'informazione?
Sicuramente il Ministro ha dato seguito a un ordine impartitogli dalle alte sfere del PDL, cioè dal Presidente Silvio Berlusconi, la cui immagine è escita ulteriormente squalificata dalla messa in onda del suo intervento in conferenza stampa al fianco del primo ministro spagnolo Zapatero rendendosi effettivamente ridicolo agli occhi di qualunque persona dotata di buon senso e di buona volontà.
Scajola, di antica tradizione democristiana e aduso a misurar le parole che seguono soltanto previa connessione con il sistema cerebrale, questa volta sembra non si sia potuto tirare indietro perchè il PDL non è un partito democratico, ma l'esercito di un generale che impartisce ordini da eseguirsi tambur battente e a prescindere...
Mica è colpa di Santoro, di Anno Zero o di chiunque altro se Berlusconi dà continuamente luogo a queste squallide esibizioni che resteranno negli annali della politica-spettacolo all'italiana?
E' questo quello di cui non sembrano rendersi conto i fedelissimi del Capo, il suo entourage...O piuttosto fingono di non comprenderlo! Si risparmierebbero miliardi di parole e di polemiche soltanto se Berlusconi comprendesse che cosa significhi essere Capo del Governo, quali sono gli obblighi che incombono sulla sua persona pubblica e come le implicazioni derivanti da comportamenti privati moralmente discutibili anche se non illegittimi (altri invece si) per mettere fine a tutta questa storia e parlare di cose concrete.
Invece su tutto prevale il gossip che proprio Berlusconi alimenta a ciclio continuo perchè Egli non ha senso dello Stato, nè rispetto per le Istituzioni e consapevolezza dei tanti limiti che la democrazia impone a chi nè dev'essere il supremo inteprete nell'interesse del Paese.
Secondo noi, perchè siamo persone di buon senso, Berlusconi Premier non è libero di ricevere a casa sua prostitute; non è libero di ricevere e intrattenersi in frequentazioni con manager imbroglioni che usano la cocaina per "drogare" il contesto in cui vivono e operano. Berlusconi non può ricevere nelle sue residenze e intrattenersi con chiunque non abbia comportamenti irrepresenibili: altrimenti potrebbe farsela con stallieri alla Mangano, con mafiosi, camorristi e ndraghetisti, golpisti e piduisti.
"Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei?" recitava l'antico e veritiero adagio popolare.
I suoi sarebbero sempre comportamenti normali? E se le fa lui certe cose, perchè non le devono fare anche gli altri: i Ministri, il Capo dello Stato e quello della Polizia, il Governatore di una Regione e il Rettore di un'Università?
Questo deve capire Berlusconi, che lui resta un uomo pubblico investito di poteri e responsabilità straordinarie con l'obbligo di esercitarle nel massimo rispetto (e anche nei limiti) di tutti i cittadini premurandosi di non farci sospettare che le sue "ambigue frequentazioni" possano nascondere un potenziale pericolo per il Paese per i suoi interessi.
Sta tutto qua il ragionamento e il fallimento del PDL, nel quale pure tanti Italiani hanno creduto.
E' inevitabile di fronte a comportamenti così irresponsabili e pregiudizievoli degli interessi generali che il Paese sappia! Altro che censura!
Allora Scajola non cada nella trappola, almeno se non è ancora del tutto ostaggio del sistema-Berlusconi, di aggredire un programma Tv solo perchè ha mostrato il vero, quanto accaduto, detto e fatto direttamente da Berlusconi&Co, non già prodotto dai giornalisti, ma dal suo Capo di partito e di Governo!
Chi ci conosce sa che non parliamo per pregiudizio, ma attenendoci rigorosamente ai fatti e nel rispetto di quel senso morale, civico e politico, cui abbiamo improntato la nostra esistenza e le nostre relazioni, pubbliche e private, di ieri e di oggi.
C'è necessità assoluta di normalizzare il Paese, di restituirgli la voglia di confrontarsi liberamente per recuperare stimoli, capacità di reagire e soprattutto di competere sugli scenari globali che stanno ammzzando l'umanità. Purtroppo abbiamo troppo poco tempo per riuscire nell'impresa e questa gente, con queste chiacchiere ci nasconde la verità e ci offusca la mente mettendo a rischio la nostra esistenza.
sabato 26 settembre 2009
giovedì 17 settembre 2009
Dietro la notizia c'è sempre un'altra verità. Anche a Kabul?
Ho provato a chiedermi se il vile attentato kamikaze che, questa mattina a Kabul, ha provocato la morte di 6 militari italiani e il ferimento di altri 3 non abbia "risolto" qualche problema politico in casa nostra, spostando l'interesse dell'opinione pubblica dai temi di stringente attualità politica su quelli della tragedia afghana e del sacrificio di giovani vite, italiane e di altri Paesi, aderenti alla forza multinazionale voluta dall'ONU.
Volendo essere cinici, come solo la politica sa esserlo, riflettiamo su chi sono stati coloro che da troppi giorni bruciavano sulla graticola ed erano bersaglio dell'opinione pubblica nazionale ed internazionale per i propri comportamenti pubblici e privati.
In poche parole Berlusconi&Co i quali, assolutamente estranei a quanto accaduto a Kabul, non hanno però potuto che trarne "beneficio" da questo evento che ha provocato lo slittamento della protesta nazionale contro la libertà di stampa, ha affievolito la discussione sul pronunciamento del lodo-Alfano da parte dei giudici della Consulta, ha fatto passare in terzo piano le dichiarazioni del Tarantini colluso con la mafia per le sue dubbie frequentazioni a Palazzo Grazioli col Capo del Governo insieme a puttane ben pagate.
Insomma, la tragedia bellica ha invertito l'attenzione e la sensibilità pubblica su temi di interesse generale col risultato di affievolire, se non addirittura spegnere, la fiammella che si era accesa sulla grave crisi, politica e istituzionale, che stiamo attraversando in Italia dove sono oggettivamente a rischio le libertà democratiche, a cominciare da quella della libera espressione ed opinione.
Dietro ogni notizia, quindi dietro ogni fatto o accadimento, a qualsiasi livello, c'è sempre, o quasi, un'altra verità, quella non dichiarata e che comunque resta.
Qualcuno potrebbe considerare azzardato, folle il nostro pensiero: la storia però ci ha insegnato che gli interessi perseguiti dal potere, da qualunque potere, prevalgono su ogni altro interesse, ivi incluso il rispetto della vita umana.
Del resto apparati segreti, poteri deviati continuano a operare in barba a tutto e a soddisfare le aspettative del padrone di turno...
Piangiamo questi uomini perchè la loro morte ci riporta alla dura realtà di ogni giorno, senza ipocrisie e sottraendoci alla retorica di circostanza, ci sentiamo di affermare in scienza e coscienza che il loro è stato purtroppo un sacrificio inutile che presto sarà dimenticato da una società priva di valori di riferimento e senza più credo.
Pubblichiamo l'articolo apparso su "Il Riformista" del 21 settembre scorso a firma di Giampaolo Pansa.
L’unica conseguenza positiva del massacro di Kabul è stato il rinvio della grande adunata in difesa della libertà di stampa. Mi rendo conto di affiancare due fatti tragicamente diversi. Da una parte, la morte di sei nostri soldati che in Afghanistan rischiavano la vita anche per la nostra libertà. Dall’altra una manifestazione politica, fondata su presupposti sbagliati. Il vertice della Fnsi, il sindacato dei giornalisti, ha garantito che l’incontro di Roma si terrà fra quindici giorni. Ecco un lasso di tempo utile a riflettere su alcune questioni.
La prima è una verità che non si può ignorare. La sinistra ha attaccato di continuo i giornali indipendenti. In un articolo pubblicato su Libero, ho provato come si sia condotto Massimo D’Alema a partire da Tangentopoli. La sua radicata avversione per la libertà di stampa è stata identica a quella che oggi mostra Silvio Berlusconi.
D’Alema ha anticipato tutte le mosse del Cavaliere. A cominciare dalla richieste spropositate di danni. Presentate da Max all’Espresso e al Corriere della sera, così come adesso ha fatto il premier verso Repubblica e l’Unità.
Contro D’Alema la sinistra ha protestato? Ha portato in piazza i militanti? No, mai. Perché contro il Caimano sì e contro Baffino d’Acciaio no? Ai posteri la non ardua sentenza.
La seconda questione riguarda il vero regista della manifestazione. Il promotore ufficiale è il sindacato unico dei giornalisti. Ma anche i bambini sanno che tutto avverrà perché lo ha deciso Repubblica. Se il quotidiano diretto da Ezio Mauro fosse stato contrario all’iniziativa, la Fnsi e i superstiti partiti di centro-sinistra non si sarebbero mossi. Ecco un dato sicuro sul quale riflettere, ripensando al passato. Verso la fine degli anni Ottanta, Eugenio Scalfari, allora direttore di Repubblica, attuò una rivoluzione copernicana nel rapporto fra giornali e partiti. Lui riteneva di essere più forte di qualunque leader politico. Il sole era Repubblica, mentre i partiti erano soltanto pianeti senza importanza che le ruotavano intorno. Ricordo che Eugenio ci diceva: «Quando i leader politici di oggi non ci saranno più, il nostro giornale sarà ancora qui, sempre più influente».
La rivoluzione copernicana di Scalfari riuscì soltanto a metà. Chi l’ha condotta a termine è stato il successore, Mauro. Molto diverso da Scalfari, ben più radicale di lui, in sella da diciotto anni, direttore di grande capacità professionale, Mauro ha fatto di Repubblica il più forte partito della sinistra italiana.
Se il Partito democratico non morirà, il merito sarà soltanto suo. Anche in questo caso vale la prova contraria. Supponiamo che Repubblica si opponga al Pd, ai suoi leader, alla sua ossessionata battaglia contro Berlusconi. A sinistra troveremmo il deserto. Invece a sinistra domina Mauro con il giornale che dirige.
È in largo Fochetti che si decide l’agenda politica della sinistra italiana. E adesso anche l’agenda della Fnsi. Senza il sostegno costante di Repubblica, il capo del sindacato, Franco Siddi, sarebbe un giornalista quasi sconosciuto, escluso dalla tivù e dalle interviste.
In una democrazia parlamentare è normale questa condizione? Penso di no. Ma la responsabilità di questa anomalia non è di Mauro. È dei partiti, e non soltanto di quelli di sinistra. Peggio per loro, per i capoccia della casta politica. Hanno alle spalle il consenso di milioni di elettori, ma se ne stanno dimenticando.
Il terzo fatto su quale riflettere è la strategia messa in atto dalle sinistre per combattere Berlusconi. Proprio perché sempre più deboli e sottomessi al super-comando di Repubblica, molti leader del centro-sinistra alzano di continuo il livello delle accuse al Cavaliere. Con il risultato di accentuare un delirio antifascista contro un avversario che, pur sbagliando molte mosse, non può essere ritenuto un nuovo Mussolini.
È proprio questo l’errore tragico che stanno facendo. Franceschini dichiara che «Berlusconi ricorda da vicino il fascismo con i suoi attacchi alla libertà di stampa». Persino Bruno Tabacci, uno dei capi centristi, si è spinto a dire: «Contro Berlusconi ci vuole un Comitato di liberazione nazionale», senza rendersi conto di evocare un fantasma da guerra civile.
Su Antonio Di Pietro non è necessario aggiungere più nulla. Due giorni fa ha sostenuto che il premier è il nuovo Saddam Hussein. E a questo punto non gli resta che uccidere il Caimano. O chiedere a Obama di inviare in Italia un robusto contingente militare. Con l’obiettivo di catturarlo e impiccarlo.
Non occorre essere dei maghi per avvertire i rischi di un clima tanto arroventato. Nella storia esiste una catena inesorabile di eventi. Non basta più lo scontro parlamentare? Allora si va in piazza. E se anche la piazza non basta, non resta che prendere il fucile. Ma imbracciare le armi è sempre un pericolo mortale. Non si può volere il ritiro da Kabul, come pretende Di Pietro, e poi considerare l’Italia un altro Iraq o un nuovo Afghanistan. All’inizio degli anni Settanta, ho visto nascere in casa nostra il terrorismo di sinistra e di destra. Nessuno lo riteneva possibile. Sono stato uno dei pochi cronisti a scorgere per tempo quell’abisso. I giornali di sinistra mi attaccavano, scrivendo che ero un visionario. Poi tutto è accaduto in un attimo. Per uscirne, ci sono voluti quasi vent’anni e centinaia di assassinati. Vogliamo ricominciare? In nome di una libertà di stampa che non è affatto scomparsa, che c’è, che non è mai stata così forte come oggi?
Pubblichiamo l'articolo apparso su "Il Riformista" del 21 settembre scorso a firma di Giampaolo Pansa.
L’unica conseguenza positiva del massacro di Kabul è stato il rinvio della grande adunata in difesa della libertà di stampa. Mi rendo conto di affiancare due fatti tragicamente diversi. Da una parte, la morte di sei nostri soldati che in Afghanistan rischiavano la vita anche per la nostra libertà. Dall’altra una manifestazione politica, fondata su presupposti sbagliati. Il vertice della Fnsi, il sindacato dei giornalisti, ha garantito che l’incontro di Roma si terrà fra quindici giorni. Ecco un lasso di tempo utile a riflettere su alcune questioni.
La prima è una verità che non si può ignorare. La sinistra ha attaccato di continuo i giornali indipendenti. In un articolo pubblicato su Libero, ho provato come si sia condotto Massimo D’Alema a partire da Tangentopoli. La sua radicata avversione per la libertà di stampa è stata identica a quella che oggi mostra Silvio Berlusconi.
D’Alema ha anticipato tutte le mosse del Cavaliere. A cominciare dalla richieste spropositate di danni. Presentate da Max all’Espresso e al Corriere della sera, così come adesso ha fatto il premier verso Repubblica e l’Unità.
Contro D’Alema la sinistra ha protestato? Ha portato in piazza i militanti? No, mai. Perché contro il Caimano sì e contro Baffino d’Acciaio no? Ai posteri la non ardua sentenza.
La seconda questione riguarda il vero regista della manifestazione. Il promotore ufficiale è il sindacato unico dei giornalisti. Ma anche i bambini sanno che tutto avverrà perché lo ha deciso Repubblica. Se il quotidiano diretto da Ezio Mauro fosse stato contrario all’iniziativa, la Fnsi e i superstiti partiti di centro-sinistra non si sarebbero mossi. Ecco un dato sicuro sul quale riflettere, ripensando al passato. Verso la fine degli anni Ottanta, Eugenio Scalfari, allora direttore di Repubblica, attuò una rivoluzione copernicana nel rapporto fra giornali e partiti. Lui riteneva di essere più forte di qualunque leader politico. Il sole era Repubblica, mentre i partiti erano soltanto pianeti senza importanza che le ruotavano intorno. Ricordo che Eugenio ci diceva: «Quando i leader politici di oggi non ci saranno più, il nostro giornale sarà ancora qui, sempre più influente».
La rivoluzione copernicana di Scalfari riuscì soltanto a metà. Chi l’ha condotta a termine è stato il successore, Mauro. Molto diverso da Scalfari, ben più radicale di lui, in sella da diciotto anni, direttore di grande capacità professionale, Mauro ha fatto di Repubblica il più forte partito della sinistra italiana.
Se il Partito democratico non morirà, il merito sarà soltanto suo. Anche in questo caso vale la prova contraria. Supponiamo che Repubblica si opponga al Pd, ai suoi leader, alla sua ossessionata battaglia contro Berlusconi. A sinistra troveremmo il deserto. Invece a sinistra domina Mauro con il giornale che dirige.
È in largo Fochetti che si decide l’agenda politica della sinistra italiana. E adesso anche l’agenda della Fnsi. Senza il sostegno costante di Repubblica, il capo del sindacato, Franco Siddi, sarebbe un giornalista quasi sconosciuto, escluso dalla tivù e dalle interviste.
In una democrazia parlamentare è normale questa condizione? Penso di no. Ma la responsabilità di questa anomalia non è di Mauro. È dei partiti, e non soltanto di quelli di sinistra. Peggio per loro, per i capoccia della casta politica. Hanno alle spalle il consenso di milioni di elettori, ma se ne stanno dimenticando.
Il terzo fatto su quale riflettere è la strategia messa in atto dalle sinistre per combattere Berlusconi. Proprio perché sempre più deboli e sottomessi al super-comando di Repubblica, molti leader del centro-sinistra alzano di continuo il livello delle accuse al Cavaliere. Con il risultato di accentuare un delirio antifascista contro un avversario che, pur sbagliando molte mosse, non può essere ritenuto un nuovo Mussolini.
È proprio questo l’errore tragico che stanno facendo. Franceschini dichiara che «Berlusconi ricorda da vicino il fascismo con i suoi attacchi alla libertà di stampa». Persino Bruno Tabacci, uno dei capi centristi, si è spinto a dire: «Contro Berlusconi ci vuole un Comitato di liberazione nazionale», senza rendersi conto di evocare un fantasma da guerra civile.
Su Antonio Di Pietro non è necessario aggiungere più nulla. Due giorni fa ha sostenuto che il premier è il nuovo Saddam Hussein. E a questo punto non gli resta che uccidere il Caimano. O chiedere a Obama di inviare in Italia un robusto contingente militare. Con l’obiettivo di catturarlo e impiccarlo.
Non occorre essere dei maghi per avvertire i rischi di un clima tanto arroventato. Nella storia esiste una catena inesorabile di eventi. Non basta più lo scontro parlamentare? Allora si va in piazza. E se anche la piazza non basta, non resta che prendere il fucile. Ma imbracciare le armi è sempre un pericolo mortale. Non si può volere il ritiro da Kabul, come pretende Di Pietro, e poi considerare l’Italia un altro Iraq o un nuovo Afghanistan. All’inizio degli anni Settanta, ho visto nascere in casa nostra il terrorismo di sinistra e di destra. Nessuno lo riteneva possibile. Sono stato uno dei pochi cronisti a scorgere per tempo quell’abisso. I giornali di sinistra mi attaccavano, scrivendo che ero un visionario. Poi tutto è accaduto in un attimo. Per uscirne, ci sono voluti quasi vent’anni e centinaia di assassinati. Vogliamo ricominciare? In nome di una libertà di stampa che non è affatto scomparsa, che c’è, che non è mai stata così forte come oggi?
venerdì 11 settembre 2009
Se continua così...Paese e democrazia a rischio!
Come me tanti Italiani si stanno interrogando su che cosa abbia realmente in testa Silvio Berlusconi e soprattutto dove intenda portare l'Italia se, da Capo del Governo, ingaggia ogni giorno un nuovo braccio di ferro con qualcuno, se denuncia tutti, se sfida la Chiesa, se intimorisce l'opinione pubblica e la stampa, se minaccia una donna che è anche un'escort, se sopprime gli spazi di libera comunicazione e confronto delle idee...
Interrogativi che stanno sulla bocca di tutti, a prescindere dalle tendenze o dalle simpatie politiche, perchè una cosa è certa ed è che la politica dell'uno contro tutti (o quasi!) non paga, non può pagare indipendentemente dal fatto se si ha ragione o se si ha torto sulle singole questioni.
In effetti il problema non è tanto quello di aver ragione o torto, piuttosto di saper esercitare con equilibrio e fermezza, consapevolezza di limiti e prerogative, con lungimiranza e disinteresse il potere connesso all'esercizio di una funzione.
Quando tale esercizio risulta alterato, più o meno palesemente, è chiaro che il mantenimento stesso di quel potere e il suo effettivo esercizio sono a rischio.
Berlusconi ha superato di gran lunga, da troppo tempo, il segno per un Paese costituzionalmente e istituzionalmente repubblicano e democratico, ma non ha effettiva consapevolezza di tutto ciò; i suoi più stretti e fidati collaboratori, probabilmente disoccupati se il Capo cambia tattiche e strategia, lo stanno conducendo a un vero e proprio massacro politico-elettorale-mediatico mascherandogli la verità, presentandogli la propria versione di fatti, di persone, di umori e di malumori nazionali e internazionali al punto che al "risveglio da quel sonno della ragione" il Premier non avrà il tempo di accorgersi di essere finito fuori pista...per sempre!
Per qualsiasi persona dotata di buon senso e di ragionamento, l'esibizione offerta da Berlusconi in conferenza stampa a fianco del Presidente Zapatero è stato un momento mortificante per l'interesse e per l'immagine dell'Italia. Solo i fanatici senza cervello e senza attributi possono sostenere il contrario e il malessere che si respira nel centro-destra illuminato, anche fra i più stretti collaboratori di Berlusconi, è quello di un "fastidio di cui liberarsi al più presto" per salvare sè stessi prima di tutto, poi il Paese!
Il delirio berlusconiano, frutto dell'assenza nel suo entourage (con l'eccezione del buon Gianni Letta) di menti eccelse e dotate di autentico senso dello Stato, rischia di far saltare il BelPaese e il ritorno alle urne minacciato da Berlusconi potrebbe invece rappresentare la sua Waterloò...
Attenzione quindi, il filo si è spezzato da tempo e qualcuno sta giocando con gli interessi nazionali ed internazionali dell'Italia utilizzando quest'uomo ormai palesemente fuori di sè e vittima di un super-io che, purtroppo per lui, non ha diritto di cittadinanza in Italia. Per fortuna, aggiungiamo!
Peccato, perchè in un momento così critico per le forze di opposizione, un personaggio diversamente ispirato e altrettanto potente avrebbe invece potuto gettare le basi per quella nuova, seconda Repubblica che ancora deve nascere visto che oggi stiamo vivendo soltanto l'epilogo della prima.
martedì 1 settembre 2009
Tanto per intendersi...
"tempo reale" è titolo di questo sito-blog che rappresenta la mia "voce ufficiale" sulle tematiche del nostro tempo, sull'attualità in politica e nella società, nell'economia e nell'informazione, nel mondo delle imprese e in quello delle istituzioni, nell'informazione e in tutto ciò che riguarda il nostro essere comunità.
Per tanti anni ho comunicato attraverso la carta stampata, collaborando con diverse testate giornalistiche in ambito locale, regionale e nazionale.
Ho avuto anche una breve esperienza internazionale con una testata dedicata alle donne italiane in Germania - Clic Donne del 2000 - di cui sono stato direttore editoriale.
Sono nato come cronista di politica per passare poi ad occuparmi prevalentemente di tematiche a carattere socio-economiche e consumeristiche.
Non ho mai avuto remore ad esprimere, e a difendere, la mia opinione anche quando mi sono ritrovato "fuori dal coro".
Ma ho fatto in modo di restarci fuori dal coro perchè la professione di giornalista o di opinionista richiede autonomia di pensiero, oltre a proprietà di analisi e di linguaggi, e l'autonomia comporta un prezzo alto, molto alto se diventa il nostro stile di vita.
A quasi cinquant'anni non si può, se pur lo si volesse, tornare indietro...
Per questo ho deciso di perseverare su questa strada, nonostante tutto quello che è accaduto e che proverò anche a raccontare, animando questo spazio in modo da rilasciare la mia versione su fatti e persone, fuori di ogni dubbio o equivoco, visto che l'esercizio prevalente non è più quello di confrontarsi sui contenuti, ma di capire chi c'è dietro a una notizia e perchè è stata scritta da tizio o da caio.
Questo porta tanta gente che si occupa di informazione e di comunicazione, la maggioranza per la verità, fuori strada.
Oggi gli spazi per esprimere una libera opinione, scevra da condizionamenti e soggetta alla critica, sono pochi o nulli sulla stampa cosiddetta tradizionale, qualunque essa sia, locale o nazionale.
Del resto basta sfogliarla...per accorgersene.
Credo che i nuovi media svolgano la funzione di tutor delle libertà democratiche, con tutti i limiti e i difetti che possano avere e che riscontriamo nelle nostre pratiche quotidiane.
Iniziamo allora questo viaggio con l'entusiasmo di sempre, quello che, nonostante tutto, ci permette di sopravvivere in un sistema refratario verso qualunque "voce contro"...
Ma le voci contro sono le voci che meritano di essere ascoltate per capire qualcosa di più del nostro tempo e delle nostre comunità...Per l'appunto l'esercizio resta prerogativa di chi sa ascoltare, di chi l'umiltà di ascoltare e di capire!
Tutto, sempre e comunque, senza personalismi o rancori anche se il nostro tempo è scandito da rancori e personalismi che condizionano la libertà del pensiero e quindi delle idee.
Non per tutti è così e i fatti, la storia di ciascuno di noi, sono i testimoni privilegiati del vero o del falso che alberga nel nostro animo.
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